giovani tromboni
In the age of Umbilicus
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David Foster Wallace
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giovani tromboni
giovedì 30 Novembre 2006


Le dieci canzoni che non se ne può più
Ho preso il dvd di Chicken Little, per motivi di ordine pubblico inferiore al metro che potete immaginare.
Tecnicamente non è affatto male, è sempre una produzione Disney in fondo, ma c'è qualcosa di terribilmente "cheap" che non sapevo spiegarmi. Un po' sarà la caratterizzazione dei personaggi, che non "acchiappa" come quella Pixar (salvo Cars, che da quel punto di vista è pure carente) e al tempo stesso non segue la rassicurante antropomorfizzazione standard disneyana; ma probabilmente la colpa di questa mia sensazione è da attribuire in maggior parte alla colonna sonora, zeppa di canzoni conosciute/risapute che vengono sparate a tutto volume come commento di alcune scene chiave.

Questa rilessione di ieri sera, unita al fatto che stamattina ho spento istintivamente la radio alle prime note di una certa canzone di John Lennon, mi ha portato ad ingannare l'attraversamento della Distorsione Temporale Tiburtina Ingorgata (Einstein stesso rilevò che lì il tempo rallenta, oltre ai TIR) stilando mentalmente la playlist delle dieci canzoni che non se ne può più. In ordine di insopportabilità, per abuso pubblicitario, televisivo, cinematografico (quelle con l'asterisco stanno tutte in Chicken Little):

1) John Lennon - Imagine
2) John Lennon - Happy Christmas (War Is Over)
3) The Beatles - Yesterday (in ribasso)
4) The Queen - We Are The Champions*
5) Joe Cocker - You Can Leave Your Hat On (in ribasso)
6) Gloria Gaynor - I Will Survive*
7) Elton John - Don't Go Breaking My Heart*
8) REM - It's the End of the World as We Know It*
9) Francesco De Gregori - La donna cannone
10) Ennio Morricone - Il buono, il brutto e il cattivo

Suggerimenti?

Eccoli! Grazie, man mano li travaso dai commenti:
11) The Edwin Hawkins Singers - Oh Happy Day
12) Francesco De Gregori - Viva l'Italia
13) Ivano Fossati - La Mia Banda Suona Il Rock
14) White Stripes - Seven Nation Army
15) U2 - One
16) Vangelis - Chariots of Fire
17) Carl Orff - Carmina Burana
18) Claudio Baglioni - Questo piccolo grande amore
19) The Beatles - All You Need Is Love
20) Jeff Buckley - Hallelujah
21) Lucio Battisti - La canzone del sole
22) Pino Daniele - Napul'è
23) Domenico Modugno - Volare
24) Lucio Dalla - Caruso
25) Fiorella Mannoia - Quello che le donne non dicono
26) Loredana Bertè - Il mare d'inverno
27) Keith Jarrett - Köln Concert - Part I
28) Paul McCartney - Live And Let Die
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Erratta corige degli erori di stumpa
Appena letta in un forum:
Poi ogni tanto qualche scafalcione lo facciamo tutti
Mi ha fatto sorridere, e ricordare come in un tempo antico prima dei blog si parlasse più propriamente di autoreferenzialità solo rispetto alle frasi che contengono affermazioni sulla frase stessa - come quelle paradossali tipo "Io dico il falso" - citate spesso insieme a quelle ricorsive ("Ricorsione: s.m., vedi ricorsione.") e agli acronimi del tipo "GNU: Gnu is Not Unix". L'aggettivo autoreferenziale difficilmente si usava al di fuori del campo logico-linguistico o dell'umorismo nerd.

Io stesso quando ho girato la manovella di avviamento di questo blog l'ho sottotitolato riferendomi alla contemplazione ammirata del proprio ombelico, mica riferendomi all'autorefer... vabbè, fermiamoci qua.

Ma no, un'altra cosa: negli header del protocollo http, quei dati informativi che arrivano insieme ad ogni pagina web ma che non vengono visualizzati, il campo che contiene il referrer, cioè la pagina dalla quale si è arrivati su quella corrente, è chiamato referer, con una erre sola: uno strafalcione così comune che è stato ufficializzato nelle specifiche del protocollo, per cui ora per farlo funzionare bisogna obbligatoriamente scriverlo sbagliato.

P.S. E' evidente che qua scafalcione sta per strafalcione, ma ogni tanto lo si trova usato pure al posto di scapaccione. E per l'angolo della pedanteria per oggi è tutto.
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domenica 26 Novembre 2006


Volevo i pantaloni
Il passeggino, chiuso, è più largo del bagagliaio. Ma come nei giochi di logica, c'è un'unica mossa capace di farcelo entrare; solo che me la dimentico sempre.
Così sono lì che provo e riprovo girandolo in tutti i modi e smadonnando tra i denti "eppure c'entrava", quando Junior mi guarda e chiede:
"E' ingrassato?"
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Una civiltà in declino
Un tempo la crisi di mezza età era quando uno, dopo una vita irreprensibile di messe ogni domenica, scappava con una ballerina ventenne.

Ora invece la gente diventa di destra, o riscopre la religione.

P.S. volendo credere ai complotti: potrebbero anche essere le ballerine ventenni, a esser diventate più esigenti.
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giovedì 16 Novembre 2006


Le parole sono importanti
Al CIS viaggiare informati hanno dei virtuosi del microfono. Stamattina uno è riuscito a dire d'un fiato senza incespicare:
"...code tra Trento centro e..."
(provateci voi se ne siete capaci).

Poi c'era la parentesi magnetica dei "rallentamenti attratti", ma ero io che avevo capito male.

Ieri sera un sottosegretario che non ho memorizzato ha presentato quest'inquietante immagine:
"il governo è stato per due mesi a cuore aperto sotto al tavolo operatorio"
(nelle sue intenzioni un'operazione trasparenza, nel risultato un'operazione in puro stile malasanità).

Sempre in area governativa, il direttore generale del ministero del lavoro rilascia un'intervista sui parasubordinati interessante e a suo modo rassicurante (se ne sono accorti, finalmente) a Repubblica.it. Il mio repertorio avverbiale è però ricaduto di botto su "inquietante" leggendo questa frase:
"abbiamo analizzato i processi di flexicurity in tutti i paesi europei"
(a me la flexicurity fa venire in mente le vignette di Altan con l'ombrello intrarettale, che ce volete fa').
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domenica 12 Novembre 2006


Titolisti dannati
Io lo so che è facile dare addosso a tutta una serie di categorie, giornalisti in primis, e cerco di evitarlo. Però coi titolisti, quest'entità misteriosa e inafferrabile (ché se li potessimo afferrare a volte...) ho già qualche conto in sospeso, quindi indulgo liberamente.

L'altro giorno è uscita su Repubblica un'intervista a Tom Waits. Tra tante altre cose, parlando dei suoi primi passi musicali, si lascia andare alla classica nostalgia del passato:
Che bei tempi, quanti talenti. Oggi l'industria è piena di bugiardi e disonesti. Cercano di convincere il primo venuto che sarà il prossimo Elvis, questo è l'inganno; poi se non vende subito lo buttano via come un barbone, anche se è un genio.
e più avanti, sulla stessa falsariga:
Oggi iPod, Mp3 e Internet hanno atrofizzato l'interesse del pubblico, anche gli artisti hanno perso quel senso d'avventura che ci spingeva a sperimentare. Quel che mi consola è che, nonostante tutto, c'è ancora voglia di suonare dal vivo; la musica continua a essere un bisogno primario.


E' evidente che Waits parla di iPod in modo generico, per intendere tutto l'insieme delle modalità correnti di reperimento e ascolto della musica, sbagliando per giunta perché sono proprio queste possibilità di "disintermediarsi" dalle case discografiche che favoriranno sempre più la sperimentazione e il primato (anche e soprattutto economico) delle esibizioni dal vivo.

Ma veniamo al dunque: come viene titolata l'intervista?
Tom Waits si racconta e accusa
"Povera musica, uccisa dall'iPod"

E il link che porta all'intervista?
Tom Waits accusa l'iPod
"Ha ucciso la musica"


Mi appello alla clemenza della corte, verrebbe da dire.
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Invenzioni regalate all'umanità
Noto spesso, per la strada, adolescenti che sciamano a due a due condividendo un auricolare a testa della medesima cuffietta, attaccata a un singolo iPod (o misero succedaneo dello stesso).

La genialità dell'abitudine è che nel frattempo riescono tranquillamente a chiacchierare, cosa che con entrambi gli auticolari ben piantati nel cerume risulta più difficoltosa. Il lato negativo è che sono un po' impediti nei movimenti (ma io non faccio testo, ho grosse difficoltà con gli auricolari, una volta sull'autobus rischiai di strangolarmi in perfetta solitudine).

Ma il vero problema è che se ascoltano un pezzo con una decente separazione stereo, ciascuno sente un canale solo: prendi Yesterday, uno si beccherebbe voce e chitarra di McCartney, l'altro solo gli archi aggiunti a posteriori.

Grande invenzione che dono alla scienza (non potendo ancora donare il mio corpo, che nel frattempo sto facendo espandere per far felice un maggior numero di istituzioni): una funzione "mono" da aggiungere al menù dell'iPod, o un tastino sul cavo delle cuffiette per farle diventare monofoniche, o delle cuffie monofoniche direttamente, perché questi giovinastri capelloni e brufolosi cosa vuoi che capiscano di musica, manco si accorgerebbero della differenza.
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L'ora delle decisioni irrevocabili
Considerato che in un anno esatto di utilizzo gli annunci di Google (che comparivano qua sopra, in alto a destra) hanno fruttato virtualmente dollari 14 e centesimi 55, e che sotto i 100 dollari gli astuti guglici si guardano bene dallo sganciare il grano, sono pronto a dichiarare concluso l'esperimento.

E' stato divertente vedere cosa usciva dal "rilevatore automatico di argomento" che ha il compito di contestualizzare la pubblicità alla pagina, ma ora basta, su.

Aggiungo per onestà che alla decisione ha contribuito non poco la vergogna provata poche sere fa di fronte a un ristretto consesso di noti blogger, i quali nell'aggredire un piatto di trippa al ragù sostenevano che mettere pubblicità assortite nel proprio blog è da pecettari. E dunque, mancandomi controargomenti dignitosi, mi astengo.
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mercoledì 08 Novembre 2006


Raccontino morale (ispirato ad una storia vera, di qualche anno fa)
Il Cruscante si recò in una trattoria caratteristica, a cenare con certi amici. Nel gloriarsi a voce spiegata di alcune sue imprese disse enfatico "...e NON PAGO di tutto ciò...".

Nel mentre passava a un dipresso l'oste della malora, brandendo il coltellone del pane. Si voltò, e profferì "Provace a nun paga', e io te stacco 'na recchia".

Il Cruscante nulla ebbe ad eccepire sull'utilizzo del volgo vernacolare, affatto idoneo al contesto. Col capo chino tornò a sorbire il suo consommè, e fu silente per il resto della serata.
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martedì 07 Novembre 2006


Le tre I
In fondo al menù del ristorante testaccino, ieri sera:
IT IS PRAYED NOT TO LEAVE THE MONEIES ON THE TABLE AND TO PAY TO THE CASE

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domenica 05 Novembre 2006


Non rilascio interviste
Luca Sofri ha scritto un libro che racconta 2556 canzoni. Dato che tutti (ma proprio tutti) hanno diritto al loro duecentesimo di libro di celebrità, 13 di queste le ha curate il Vs. affez.ntssm. scrivente.

Se volete il brivido completo comprate serenamente il libro; oppure potete andare in libreria e fischiettando sfogliare fino a pagina 235, dove in basso compare il riconoscimento che, opportunamente incorniciato in sfoglia d'oro, ho mostrato trionfante ai miei: "ve lo dicevo che tanti sacrifici per laurearmi sarebbero stati ricompensati".

Ma per gli impazienti e insaziabili topolini in ascolto voglio fare di più: la versione integrale, director's cut, di quanto dopo opportuna revisione contenitiva è stato magicamente tramutato in inchiostro.
Qua.

P.S. leggendo il libro ci si accorge che Luca se la prende abbastanza spesso, fin dall'introduzione, con Nek. Ecco, indovinate qual è l'unico concerto che ho visto quest'estate. Ho una giustificazione, comunque (stavo per scrivere "ho un alibi").

P.P.S. mentre leggevo dove Luca parla di Frank Sinatra e di Bewitched, ho pensato "come scrive bene, mi sembra di sentirla". In effetti sullo stereo stava andando proprio Bewitched, da un disco di Paul Desmond e Jim Hall. Ah, il link su "P.P.S." si riferisce all'altro L.R.D.N.B. (libro Rizzoli di noto blogger) uscito in questi giorni.
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Diaccio marmato
Quando feci il militare, mi mandarono a fare il CAR a Macomer. Partii il 24 gennaio 1984, il giorno in cui al SuperBowl presentarono il primo Macintosh (e mi persi il concerto dei Police al Palaeur, la settimana dopo); ci stetti due mesi e mezzo; faceva freschetto, diciamo così. Me lo ricordarono per qualche anno i geloni sul bordo delle orecchie.

Vicino alla caserma c'era un convento di suorine (non so perché si usa spesso questo diminutivo, ma stavolta non è a caso, considerata la statura media delle consorelle), la cui superiora era zia di uno che conoscevo. Così il secondo mese riuscii a disporre di una piccola stanza dove portai la chitarra, i libri dell'università e le cose che non mi fidavo a tenere nell'armadietto in camerata.

Il riscaldamento dell'edificio era tenuto con religiosa parsimonia a un decimo di grado sopra la temperatura di congelamento, per cui studiando appoggiato al termosifone potevo percepire la diluizione omeopatica del ricordo di un lontano calore.

Una sera, mentre lasciavo la ghiacciaia, la suorina che stava in portineria mi vide bardato con sciarpe guanti e cappello, e mi chiese se avevo freddo. Un pochino, in effetti. Lei mi fece cenno di seguirla, aprì un armadietto e ne estrasse una bottiglia di filu ferru, versandomene un bicchierino. Girai il resto della serata con la giaccavento spalancata, ebbe un effetto miracoloso.

Si può dire che vinsi il freddo grazie all'intervento dello spirito sardo.
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Il piccolo popolo che si manifesta sui bordi dei fogli durante telefonate, riunioni, attendereprego, e altre occasioni.

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