giovani tromboni
In the age of Umbilicus
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giovani tromboni
martedì 31 luglio 2007


Mio cuggino c'era, veramente
Non so perché, ma me l'aspettavo. Psicosi o malafede non è dato di sapere.
Certo fa impressione leggere come erano presentati i "fatti" appena ieri.

Ho sentito già un numero sufficiente di volte la nota leggenda metropolitana della mamma che lascia il bimbo sul carrello e non lo trova più, il supermercato che chiude le porte, le zingare nei bagni che lo stanno rasando e camuffando, sempre data per certa perché ne è stata testimone persona affidabilissima ma a un paio di gradi di separazione dalla narrante. Gira da decenni, e abboccano tutti, dalla sciampista alla laureata.

Una ricerchina con Google è oltremodo istruttiva rispetto agli effetti della creduloneria (per cui c'è gente che, così per scherzo, rischia il linciaggio), qua si parla di un episodio, qua di un altro (e c'è una lunga trattazione da un diverso punto di vista), qua viene riportato qualche dato su quel che succede veramente.
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lunedì 30 luglio 2007


I governativi
Ogni estate, al mare, passo davanti alle vetrine di quella che fu una concessionaria di automobili, locali adibiti poi negli anni ad attività commerciali di scarso successo finché tra il 2002 e il 2005 si sono ammantati di rosso e di verde per accogliere una sede di Forza Italia.
Nel 2006, medesimi locali, sede della Margherita.
Nel 2007, sede del Partito Democratico.

Mi domando se si tratta sempre delle stesse persone, anche se in tutti questi anni, dentro, non ci ho mai visto anima viva.
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venerdì 27 luglio 2007


Quasi gol
Sono ipnotizzato dall'evoluzione formale - non certo sostanziale - del boxino morboso di repubblica.it.
Ormai stanno prevalendo le gallerie fotografiche prelevate da internet e montate in flash, ma prima osserviamo la sequenza di titoli presentata in questo momento:
LE IMMAGINI
I ritratti di George
il nudo è in cornice



LE IMMAGINI
Donne e body painting
il maestro dei corpi è Guido



LE IMMAGINI
L'Oriente di Akif
il piacere è digitale
riconoscete un pattern ricorrente? Davvero?
E allora, direbbe il povero cristo che per lavoro scrive questi distici (fateci mente locale) fateli voi i titoli, se siete capaci (*).

All'interno, la didascalia (leggibile solo portando il puntatore sopra la prima, e non altre, foto) è un esercizio di lodatura sperticata del fotografo, che termina immancabilmente (e finalmente) con l'indirizzo del sito fonte delle immagini. Purtroppo non cliccabile né selezionabile per un copia e incolla - tecnicamente si può fare, ancora uno sforzo, dài - ma per supplire a questa mancanza preceduta sempre dalla frase: "da non perdere il suo sito".

(*)
c'è chi mi ha preso in parola.
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mercoledì 25 luglio 2007


Morte dei conti
Ieri sera sono passato a comprare la carta igienica da Panorama (che è un posto che trovi aperto quando finisci la carta igienica), poi ho preso anche delle altre cose alimentari come il chinotto e mi sono avventurato al piano di sopra a guardare i prezzi alti delle cose elettroniche... ma perché devo raccontare queste cose inutili e ombelicali, andiamo al sodo, cribbio:

Ieri sera da Panorama ho beccato una che forse finirà sul Guinness dei primati come cassiera più lenta del mondo, e infatti l'avevano spedita alle casse del piano di sopra, dove c'è sempre meno gente. Dirò solo che sul badge appeso alla camicia invece del nome aveva scritto "VISITATORE", giuro.

Poi anche a cena ci hanno messo un'ora esatta a portarci il conto, tanto che abbiamo passato l'ultima mezz'ora a fare ipotesi sul motivo di tanta lentezza: hanno messo alla cassa un milione di scimmie, che invece di fare il conto stanno scrivendo le opere di Shakespeare; c'è una mummia ittita con un abaco in terracotta; hanno fatto l'outsourcing della cassa, spediscono tutti i conti a Bangalore e si perde tempo nella conversione euro-rupie e viceversa.

(Alla fine mi sono alzato e sono andato io, ma alla cassa c'era una ragazza normalissima, tanto che mi sono vergognato di aver pensato alle scimmie e alla mummia e stavo quasi per chiederle scusa. Da una decina di comande che aveva davanti, ha pescato la nostra e in trenta secondi il conto era pronto)
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Incipit
A cena fuori, due universitarie sedute al tavolo subito accanto, una nel giro di pochi minuti risponde a tre telefonate.
La prima: "A bbellah!"
La seconda: " A bbruttah!"
La terza: "A stronzah!"

(Io, prima della quarta: "Cameriere, il contoh!")
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Reflex
Le sorgenti del fiume Pescara passano vicine all'autostrada (o viceversa, non si sono ancora messe d'accordo), e fa sempre un certo effetto vedersi aprire sulla destra, all'improvviso, questo paesaggio idilliaco di laghetti e piante acquatiche mentre vomiti nell'aria i tuoi fumi catalizzati a 120 all'ora.
Ma l'altro giorno trovarci pure un elicottero a pelo d'acqua che si riforniva per andare a spegnere qualche incendio, in una fioritura di goccioline nebulizzate che andavano a formare un'intera famiglia di arcobaleni, era uno spettacolo da fermare nella memoria in qualche modo (salvo che inchiodare in autostrada "scusi, faccio una foto e riparto subito" non era il caso).
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lunedì 23 luglio 2007


Fiat lux
Gli iMille (ho dei problemi con l'articolo da usare, sorry) oggi si incontrano a Milano in via Watt 13. A me quest'indirizzo fa subito venire in mente un verso di una vecchia - tristissima - canzone di Guccini:
di lampadina fioca, quella da trenta candele
e me li immagino tutti molto carbonari, nella penombra di una cantina.
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venerdì 20 luglio 2007


Sintesi
Io ci ho messo qualche tempo a capire che non c'era un nesso:
Bossi, figlio vuole andare all'Isola
Padre Bossi, ricerche si concentrano sull'isola

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L'autorità
Mi ero scordato di dire che durante il viaggio d'andata avevo attivato il navigatore sul telefonino, e quando ci siamo fermati all'autogrill mentre ero tutto intento a una minzione onorevole una voce femminile scandita e imperativa mi ha fatto alle spalle (dallo zainetto):
"GIRARE - A - SINISTRA!"

A pulire, dopo, ci è voluto un po'.
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mercoledì 18 luglio 2007


Dell'osservazione degli altri che ballano e della vergogna del proprio lavoro
La cosa è cominciata con un invito a parlare ai valdostani del tema "I blog stanno passando di moda" e pure io ormai porto i jeans a vita alta.

Poi c'è stata una telefonata dell'organizzatore di Kinder che mi ha detto "c'è un altro di Roma che viene su col treno, non è che puoi dargli un passaggio?". L'ho chiamato, e l'appiedato mi ha detto "Guarda che sono in macchina anch'io". Così, per coscienza ecologista e per steccare la benzina, abbiamo considerato se fare il viaggio insieme; pausa riflessione, ci siamo sentiti per conferma un paio d'ore dopo. In effetti in lui deve essere scattata la ponderazione del rischio: farsi sette ore e fischia al volante in compagnia del proprio iPod e di Onda Verde, o sedersi accanto a quello che potrebbe essere uno stronzo logorroico dall'alitosi fulminante?

Alla fine si è deciso di andare insieme, e non ho proprio da lamentarmi (ma parlo per me, non so come si sente l'altro, tutto bene Amede'?): inaspettatamente, in seguito alla scoperta di antichi interessi comuni, per gran parte del viaggio si è parlato di come costruire un'improvvisazione nella chitarra jazz. Non oso pensare un terzo passeggero come ne sarebbe uscito.
Tra la quinta e la settima ora abbiamo dato segni di stanchezza, cominciando a condire la conversazione di terrificanti luoghi comuni da autobus molto pieno. Esaurita la politica, le mezze stagioni e il ritmo nel sangue ci siamo messi zitti per un po'.

Siamo arrivati su freschi come rose, io trascinando il mio osceno valigione da aereo, il Roncato modello Kappler, che per vergogna dicevo semivuoto mentre era strapieno di indumenti per tutte le evenienze atmosferiche (un k-way normale, uno imbottito, un giacchetto di cotone, uno cerato, un gilet trapuntato, ecc.), pesantissimo, ho anche rifiutato l'aiuto offertomi per trascinarlo su per le scale. Con una sola mano, sorridendo, salvo che per lo sforzo mi sono partiti da terga un paio di rumori secchi come strappi di carta, da sollevatore di pesi bulgaro, che spero nessuno abbia sentito (o abbia pensato a un bramire di camosci).

Di fronte all'ameno riparo, già casino di caccia di un barone locale, ci attendevano i primi arrivati. Uno, Eio, l'ho riconosciuto perché ne avevo già visto qualche foto. Lui non so come abbia fatto, forse mi ha riconosciuto in quanto anzyano. C'era anche Stark, mentre il Proeta era andato un attimo in bagno ad vrynare. Con loro alcune giovini all'apparenza prive di blog, cosa che inizialmente ha creato qualche imbarazzo.

Eio e Stark erano con le infradito e un asciugamano sulla spalla, e stando su a millessette sul far della sera mi sono sentito come Totò a Milano col colbacco, tanto che le mie prime parole sono state "per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?".

Qua si apre una parentesi sul mito del micropile (pron. micropail). Un amico che ha casa da quelle parti, da me sollecitato, mi ha spiegato che di giorno si sta in maglietta, la sera si mette un micropile. Io manco sapevo cosa fosse questo micropile, dico "ma un pile normale va bene?" e lui "no, è una cosa diversa, ci vuole il micropile se non vuoi farti vedere che sei del sud".

Appena passato il cartello Gressoney, in effetti abbiamo cominciato a vedere della gente per strada, il 90% dei quali con un micropile addosso, la miseriaccia. Così ho spiegato la storia del micropile a tutti i partecipanti che mi presentavano, in modo da non fare delle figure, che poi dicono "ve' là quello come è vestito, senza micropile, si vede che ha un blog, stanno proprio passando di moda". Gli altri ci ridevano, ma poi la notte hanno avuto tutti un freddo becco, così la mattina dopo quando siamo scesi in paese (stavamo a sei chilometri di curve dalla vita, tutti tornanti) c'era il mercato e si sono dati da fare, e insomma dopo l'una ho visto quello che teneva il banco dei micropile che mentre lo smontava piangeva dalla contentezza.

La vita della colonia era da colonia, con tutti gli appuntamenti ad orari prefissati, tipicamente alternati ai due estremi dei sei chilometri di tornanti, ogni tanto passava suor Luca (la superiora) a dare un'occhiata, e se facevamo tardi si arrabbiava.

Quello che accomuna i partecipanti a questo genere di iniziative è che sono tutte persone con molti interessi, o per dirla diversamente che quando gli chiedi del loro lavoro te lo dicono, ma a voce bassa, perché si vergognano un po'. Vale per me, per l'assicuratore, per il commercialista, ed altri e altre ancora che non sto ad elencare; persino l'astrofisico che viaggiava con me ad un certo punto ha confessato che non si riconosce nello stereotipo classico affibbiato alla sua professione, ma non lo dice troppo in giro.

Per il dibattito mi ero preparato una prolusione di due ore scarse in stile Veltroni, avevo pure le slide di powerpoint col mio pantheon (Villaggio, Jannacci, Ponzoni e Pozzetto), poi mi son ritrovato seduto petterra in contropendenza su un infydo prato scosceso, io incapace da sempre di sedermi sui talloni, e in un tripvdyo di scricchiolar di rotule cercavo di puntellarmi con le mani, finché ne ho appoggiata una su un rigogliosissimo cardo selvatico a spine rotanti e in quel mentre ho ricevuto una domanda, alla quale ho risposto teorizzando la prova ontologica della non esistenza dei blog (un omaggio ad Anselmo d'Aosta, uno di quelle parti), alché suor Luca mi ha fulminato con un "famo a capisse" che se di condizione laica sarebbe stato un "non dire stronzate". Ho ripiegato allora su alcune dimostrazioni numeriche dell'irrilevanza dei blog, guadagnandomi la sempiterna inimicizia di buona parte dei presenti (anche se più tardi una commensale di cui non farò il nome che invece scriverò su di un apposito vaglia postale mi ha detto che concordava con me).

Quando più tardi ho fatto la doccia ho capito dalla sensazione di essere un puntaspilli che mi ero ustionato il cranio (avevo tolto il cappello per rispetto dell'inclito pubblico). Mi sono venute in testa sette piaghe, come fossi l'Egitto. Ora entro in ufficio perdendo gigantesche scaglie di pelle stile deriva dei continenti, e tutti pensano ad una forfora radioattiva. Mi è anche caduto il naso, ho fatto la muta completa come un serpente. La protezione 60 l'ho comprata con un giorno di ritardo.

(1 - continua)
(io che son sintetico, e sto ancora al primo giorno, nemmeno tutto)
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lunedì 09 luglio 2007


iPodcrisia
In macchina, ascolto Lampo viaggiatore di Ivano Fossati, che non sentivo da un po'.

Quando arrivo a Pane e coraggio sono fermo a un semaforo, e mi ritrovo a seguire con più attenzione il testo:
pane e fortuna moglie mia
che reggi l'ombrello per riparare.
Per riparare questi figli
dalle ondate del buio mare
e le figlie dagli sguardi
che dovranno sopportare
e le figlie dagli oltraggi
che dovranno sopportare.
e poi:
ma soprattutto ci vuole coraggio
a trascinare le nostre suole
da una terra che ci odia
ad un'altra che non ci vuole.
Io ci ho 'sta cosa che mi commuovo difficilmente, ma la musica ci riesce, e insomma mi viene la palpebra un po' gonfia e uno struggimento in un punto indefinito del petto al pensiero di certi destini segnati dalla miseria, a cosa può significare crescere dei figli quando hai ben poco da offrirgli, allo sradicamento forzato, e...

Vedo il lavavetri che si avvicina, con la spugna grondante: whirrrl su i finestrini, clack sicure chiuse, marcia inserita, sguardo fisso al semaforo. Il nemico.
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venerdì 06 luglio 2007


Mozo is here
ticket.jpg
Io nemmeno lo sapevo che Peter Gabriel suonava a Roma; ci hanno regalato i biglietti (e una serata libera, sia lode alle cognate), e siamo andati. Cominciava presto, 21:30, ma dieci minuti prima camminando verso l'ingresso sentiamo il fufun fufun di Rhythm Of The Heat. Minchia Peter, va bene che tra un po' vai per i sessanta, ma cominciare pure in anticipo... devi coricarti prima di mezzanotte? Ti trasformi in zucca?

Acceleriamo il passo, la musica si avvicina, entriamo attraversando Fiesta, la musica sparisce, coperta dalla macedonia di salse sambemerenghe che avvolge gli stand: poi giri l'angolo, passi un cancello, e d'incanto riprendi il discorso interrotto. Ma ormai il primo pezzo è andato. Sta partendo qualcosa che non mi aspettavo:
Built in the belly of junk by the river my cabin stands
Urca, On The Air, roba stagionata, di quella buona. Poi Intruder. Peter chiacchiera in italiano: non avendo un album da promuovere, ha fatto una specie di sondaggio sul suo sito per selezionare i pezzi della scaletta. Così sono uscite fuori canzoni che non suonava da una ventina d'anni, alle quali "togliere la ruggine", come ha detto lui stesso.

Ne è venuto fuori un concerto molto meno "prodotto" dei precedenti, più immediato e muscolare (più rock?), bello. Niente palloni gonfiati, strutture rotanti, camminate a testa in giù.

Peter Gabriel procede nella sua deriva falettiana/ruggeriana, pelata e pizzetto bianco, che anch'io sto precocemente esplorando; anche il camicione fuori dai pantaloni è un trucco che conosco bene, fin dal mio periodo premaman; ma almeno al gilet contenitivo in pressofusione non ci sono ancora arrivato.

La musica si sente bene, ma le Capannelle sono un postaccio abbastanza squallido, pratone terroso tra tribune fatiscenti, il problema non è farsi due ore in piedi ma riuscire a piazzarsi in modo da vedere qualcosa (problema che sento io di media statura, non oso pensare a chi si trova una spanna sotto).

In pratica dovunque ti metti avrai sempre davanti due categorie di persone: i cristoni e i cristicchi, di peggio c'è solo il proverbiale watusso col colbacco. Spesso dondolano come un tergicristallo. Poi, a metà concerto, si apre una specie di varco davanti a te, e ti senti come Mosè quella volta che andò al mare.

La scaletta:
Rhythm Of The Heat
On The Air
Intruder
DIY
Steam
Blood Of Eden
No Self Control
Solsbury Hill
Mother Of Violence
Family Snapshot
Big Time
Lay Your Hands On Me
Secret World
Signal To Noise
Sledgehammer
In Your Eyes
Biko

La sera prima a Brescia non avevano suonato Secret World e Biko, ma in più:
Moribund The Burgermeister
I Don't Remember
Lovetown
Not One Of Us
in pratica un'altra bella fetta dei primi album.

Il gruppo:
Peter Gabriel (voce, tastiere, percussioni)
Tony Levin (bassi di tutte le fatte)
David Rhodes (chitarre, principalmente un Les Paul gold top)
Richard Evans (chitarre, ho visto una Parker e una piccola acustica)
Ged Lynch (batteria)
Melanie Gabriel (cori, campionamenti)
Angie Pollock (tastiere, cori)

N.B. Melanie ha cantato da sola Mother Of Violence, un bel gesto del babbo.
Un certo Charlie Wilson Winston (credo dal gruppo di supporto che mi sono perso) si è accollato la parte di yeghelé yeghelé alla Youssou N'Dour su In Your Eyes, ma mi è sembrato un altro bel gesto del padrone di casa.
peter.jpg
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Il piccolo popolo che si manifesta sui bordi dei fogli durante telefonate, riunioni, attendereprego, e altre occasioni.

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