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giovani tromboni
è un ossimoro apparente che ho trovato in un vecchio scritto di Italo Calvino,
rimanendone conquistato. Io un po' mi ci riconosco (mi dà il destro
per sentenziare), ciascuno poi ci si specchi
quanto crede.
Grazie a Google, ho poi scoperto che la definizione appariva già in una lettera
di Mario Luzi a Giorgio Caproni. Correva l'anno 1959.
P.S. leggo ora, con colpevole ritardo, che nel 1994 Tommaso Labranca invitava a trasformarsi in Giovani Salmoni (Andy Warhol Era Un Coatto - Castelvecchi),
andando contro la corrente del consenso collettivo. Non c'è un collegamento diretto coi giovani tromboni, ma una bella assonanza certo sì.
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martedì 01 luglio 2008
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Dell'osservazione degli altri che ballano e della vergogna del proprio lavoro (part two) Tra nemmeno un mese si torna a Gressoney per Kinder, come l'anno scorso. Facendo il cambio degli armadi, ho trovato in una scatola da scarpe la seconda parte della cronaca di quei giorni, incompiuta.
Ci ho appiccicato un finale di maniera, tanto per sfangare un post a costo quasi zero.
La prima parte è qua.
Dicevamo.
L'allegro dibattito assisi sui rovi era cominciato con un po' di ritardo, alle 16:30. Alle 18 eravamo attesi dal sindaco, a valle. In pratica non solo i blog stanno passando di moda, ma si dovrebbero pure dare una mossa, cortesemente.
Il sobrio villino Margherita (che prende il nome dalla proverbiale regina del pollo) è uno di quegli edifici dove non ti aspetti di trovare in giardino le statuette in gesso di Biancaneve e i sette nani: ti aspetti di trovarli dentro, in carne ed ossa. Invece dentro c'era in effetti l'ospitale sindaco, e i rappresentanti di un'associazione internazionale che riunisce i produttori di vino in altura e in pendenza, insomma quelli che si fanno un mazzo tanto per raccogliere quattro grappoli; questi, in cambio della visione di un filmatino promozionale di tre minuti, ci hanno allestito un buffet a base di formaggi e salumi buonissimi, e un assortimento di vini montani, tutti dal retrogusto lievemente salato. Poi su di corsa a cenare, che alle 21 (di nuovo a valle) c'era il concerto di Cesare Picco, nome sul quale stando sul cocuzzolo della montagna abbiamo facilmente ironizzato.
Il castello Savoia, nuova residenza della succitata regina (sfrattata da Biancaneve dopo le sue fortune hollywoodiane) è un altro luogo fiabesco, abitato però da Frau Blücher in veste di guardiana: vietatissimo fare foto, non si è capito perché (o meglio, sì: solo perché c'è il cartello. Un cartello stretto e alto quasi due metri, istoriato come un totem da innumerevoli cerchietti rossi sbarrati, uno dei quali contenente l'effigie di una fotocamera).
Suor Luca era seduto su una sedia di vimini nella luce soffusa e sembrava Emmanuelle (uno, no due).
Cesare Picco è uno che suona molto bene il pianoforte e pare che piaccia ai giapponesi: ci tiene a dire che non si definisce un jazzista, suona quelle che nel programma si erano definite "le più belle canzoni del mondo", poi alla fine chiude con "Round Midnight" di Thelonious Monk e capisci che:
a) QUELLA è la canzone più bella del mondo, come dicono certi: non ce n'è per nessuno;
b) Cesare Picco è un jazzista.
Ad un certo punto entrambi hanno nominato Joni Mitchell, parlandone come di una divinità al cospetto della quale si prostrerebbero timorati. A me è venuta subito in mente la serie "Joni Mitchell never lies" da Mondo Oltro, ma mi sembrava blasfemo citarla. Lo faccio ora, tra l'altro ho scoperto che il titolo viene da un verso di una mediocre canzone di Janet Jackson in compagnia di altro tizio.
Flashback: la sera dell'arrivo, a cena, si è bevuto del barbera tanto per non dispiacere i piemontesi presenti (uno), e sul tardi, dileguatisi i più sonnolenti, giù pamperi con Eio, Stark e il Proeta, leggendo brani del Sardelli (Proesie, I miracoli di Padre Pio) e di Maraini (Gnosi delle fanfole). Alla mezzanotte Stark aveva compiuto gli anni, ma era triste perché i suoi stessi genitori gli avevano fatto gli auguri il giorno sbagliato (oltre a rispondergli sempre "ma Stefano CHI?" al telefono), così dopo pranzo qualcuno ha avuto l'idea gentile di fargli pervenire una fetta di sacher con la candelina, tanto che lui si è commosso e ha detto "il compleanno più bello della mia vita, con gli amici di sempre", e dopo ha chiesto anche i nostri nomi.
Una sera successiva accanto alla bottiglia di pampero (che Eio, credo, teneva in un doppiofondo della sua felpa da teppista) ne è comparsa una di chinotto, così mi sono improvvisato barman, come cantava David Bowie, e ho inventato sui due piedi il Cuneo Libre, la cui ricetta non vi rivelerò.
[...]
Dato che ho lasciato questo post fermo quasi un anno e lo riprendo che sono più vecchio e la memoria è quello che è, ma cosa stavo dicendo?
Bah, in ordine sparso, ricordo che abbiamo fatto una gita in altura: tutti sulla seggiovia, e poi una massacrante scarpinata in salita per sentieri impervi, un'ora di ascesa al termine della quale fermavo tutti i camosci chiedendo "cortesemente, da che parte per il defibrillatore?".
Quando in seguito ho raccontato l'impresa all'amico esperto di quei luoghi (sempre quello del micropile) lui ha commentato "ah, ti sei fermato alla spianata dei culoni". Pare insomma che quella spianata non sia un traguardo ma sia in realtà il luogo di partenza per le escursioni verso le vette vere: ma i topi di città chiappozavorrati solitamente si bloccano lì tirando fuori tovaglie e vettovaglie (e in effetti è andata così, salvo che Eio e Stark hanno tirato fuori l'asciugamano, cosa che ho capito solo mesi dopo essere un omaggio a Douglas Adams).
La misura della mia inadeguatezza si è palesata in tutta la sua evidenza quando inquadrando il palco in piazza sul quale si erano raccolte alcune Personalità ho messo a fuoco tre paia di scarpe, ed erano tutte New Balance. Le New Balance, in quei modelli scamosciatini molto belli, ce le hanno solo Steve Jobs e i VIB. Io a settembre le ho cercate per tutta Roma, ma alla fine ho comprato due paia di Adidas in saldo. Le New Balance di quel tipo, se hai uno zoom abbastanza potente, vedi che ci hanno scritto sopra "sono stato a New York, solo per comprarmi le scarpe".
In un'altra di queste occasioni di piazza era presente anche Massimo Cirri, quello di Caterpillar, che per chi apprezza come me l'ascolto radiofonico di un certo tipo è un po' come dire il Papa (e a seconda dei gusti Marco Presta è il cardinal Ruini, o direttamente lo Spirito Santo). Io lo ascoltavo estasiato raccontare della sua risalita in motoretta fin dalla Toscana, coi peli delle gambe elettrizzati, poi si è anche trattenuto, presenziando alla proiezione del giorno della marmotta e successivamente all'aperitivo che siamo andati a prendere in un bar lì vicino. E' stato a questo punto che Cirri, da un tavolo all'altro, mi ha apostrofato ad alta voce: "Vittorio, secondo te qual è il messaggio del film?" e io nel pallone più totale (come sa il mio nome?) ho improvvisato una battutona "Il mezzo [pausa] Il mezzo è il messaggio". Accompagnandomi col gesto di uno che spartisce una fetta di torta. Sguardo vacuo o imbarazzato di tutti i presenti, Cirri incluso. Nessuno l'ha capita. O forse, come Woody Allen in Io e Annie, avrebbero voluto avere lì dietro una colonna Marshall MacLuhan in persona, perché mi intimasse "non dire stronzate".
La discoteca finale: della vergogna del proprio lavoro abbiamo già parlato, rimane la questione del guardare gli altri che ballano. Non starò a dilungarmi su questo mio imbarazzante limite, in due parole mentre gli altri sudavano vorticando nel sabba io stavo con la spina dorsale aderente a una colonna sul fondo, cercando la simbiosi mimetica con l'edificio (salvo che il pile arancione fluorescente non aiutava, ma a stare fermi faceva freddino): potrei cercarmi l'alibi dell'età e degli acciacchi, ma alla fine gli unici a non ballare eravamo io e una blogger (mia coetanea) che aveva anche un tacco dieci e sei chiodi nel ginocchio.
Se quest'anno mi impongono il trenino (brisgitebardòbardò) non ci torno più.
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Meteo MeToo Si prospetta l'estate più calda dell'anno.
(questa l'ho copiata da Phonkmeister che l'ha copiata da un altro, che comunque sono io)
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Obragrafica:
one two three four five
Il piccolo popolo che si manifesta sui bordi dei fogli durante telefonate, riunioni, attendereprego, e altre occasioni.
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Interreferenze:
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