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giovani tromboni
martedì 07 giugno 2005


Due riflessioni a caldo
L'annuncio di Steve Jobs "i Mac useranno processori Intel" non è in realtà un annuncio epocale, ma solo clamoroso. Colpisce più sul lato emotivo (siamo gente che attaccava adesivi "Intel Outside") che su quello tecnico.

Nel 1994 il passaggio da architettura 680x0 a PowerPC (e quindi da CISC a RISC, da Motorola a Motorola/IBM e poi solo IBM) rappresentò un salto di prestazioni di diversi ordini di grandezza.
Metaforicamente, fu come passare da un motore bicilindrico aspirato ad un 16 valvole turbocompresso; l'annuncio di oggi è più simile al montare un motore Saab piuttosto che BMW, qualcosa che da profano puoi capire solo sollevando il cofano.

L'impatto emotivo è invece fortissimo: a parte i fan e i loro adesivi, la stessa Apple ha legato molto la sua immagine pubblicitaria a quella dei processori usati. Durante il keynote è stato proiettato un vecchio spot che ironizzava sul surriscaldamento dei chip Intel, tanto per enfatizzare questo avvicinamento imprevisto dai più.
D'altronde Apple ha sempre fatto il grosso del fatturato sulla vendita del suo hardware, il fine che giustifica il software come strumento di identità distintiva.

Un aspetto non emerso con chiarezza durante il keynote (almeno per quanto si è riusciti a leggere dai vari report in diretta) è se, oltre ai Mac con motore Intel, MacOS X potrà girare anche sui comuni PC "compatibili". La risposta, a quanto pare è no.

Il nodo è tutto lì: si sarebbe trattato, nel caso, di un cambio di paradigma totale, di un ripensamento profondo dell'azienda stessa. Già una sorta di riposizionamento è in atto, grazie agli introiti derivanti dalla vendita degli iPod e della musica online tramite l'iTunes Music Store, e ci si aspetta presto un allargamento a cinema e dintorni. Sarebbe stato sì epocale il passaggio definitivo da azienda di hardware ad azienda di software e servizi, per giunta in concorrenza diretta con Microsoft. Uno scontro frontale che Cupertino e Redmond hanno sempre evitato con cura (pensate a un MacOS X per PC che esce prima di Longhorn).

MacOS X potrà girare solo sui Mac, PowerPC o Intel che siano, e non altrove. Sui Mac Intel potrà, volendo, girare Windows, ma questo non ci illumina d'immenso (certo, quando serve si potrà avere "the real thing" invece della soporifera emulazione di VirtualPC).

E' da vedere a questo punto come sarà inverato questo vincolo tra software di sistema e hardware (ma già MacOS non girava sui server IBM con PowerPC), e soprattutto quanto ci vorrà prima che qualche smanettone lo renda scavalcabile.

Che altro? Ah, Cult of Mac, il macblog di Wired, ci ha preso in pieno sull'utilizzo della tecnologia di emulazione istantanea di Transitive, ribattezzata Rosetta per l'occasione.
E nello stesso articolo, fornisce una motivazione strategica forte alla scelta di Apple, legata alla voglia di espandersi verso la vendita di contenuti video (ricordiamo del credito di cui Jobs gode a Hollywood grazie a Pixar), alla conditio sine qua non imposta dalle major rispetto ai sistemi di DRM, al fatto che proprio Intel si è fortemente impegnata in questo campo.
In ultimo la scelta dei tempi dell'annuncio, che rischiano di penalizzare le vendite di Mac basati su G4 e G5 da qui all'anno prossimo: una mossa suicida? Il motivo che vedo più plausibile è legato alla necessità di avere un parco software sostanzioso già pronto al momento dello switch, e quindi avere in tempo utile gli sviluppatori informati e motivati. Su questo c'è una tradizione, il lancio del primo Mac nel 1984 fu accompagnato da una discreta quantità di software di ottima qualità: questo fu possibile grazie all'azione di gente come Guy Kawasaki, che nell'anno precedente fece il giro degli sviluppatori convincendoli a creare software per una piattaforma che ancora non esisteva. Fu lì che nacque la qualifica di "evangelist" in senso non mistico, della quale ancora oggi si abusa.
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